Le Decadent

"Je suis l’empire à la fin de la décadence"

Premessa

In pratica, ho avuto un incubo.
Ho sognato che la mia vita se ne stava andando a putt.
Ho pensato che non vivevo stabilmente in un luogo di mare, dove d’inverno si vive con poco. Un luogo in cui vengono anche tanti turisti ma, quest’ultimi, non possono immaginare il piacere di fare un bagno veloce e tornare al lavoro. Perché non possono sovrapporre al piacere di quel bagno, il piacere di stare sulla spiaggia in quelle calde giornate primaverili, durante le quali i turisti non ci sono ancora e durante le quali l’acqua è troppo fredda per fare il bagno.
Il fatto strano è che questo incubo, più che un sogno, mi era sembrato un’altra realtà.
Ho avuto una strana sensazione. Roba alla Matrix insomma.
Il posto non era così bello, né calmo, né tranquillo. In breve, faceva proprio schifo.
O non avevi lavoro o, se avevi un lavoro, quanto guadagnavi o non ti bastava o non te lo potevi godere.
Sinceramente, visto che la maggior parte o non lavorava o non guadagnava abbastanza, tutti erano convinti che dovevano guadagnare di più.
Un incubo, insomma. Stranamente reale.

L’inizio: ieri ed oggi

Si è detto, a lungo, che la mia era una generazione fortunata.
Ieri si affermava che grazie al sacrificio dei “padri” (da intendere come nonni), vivevamo in una democrazia e che non avremmo conosciuto la guerra e la fame.
Ieri si affermava anche che grazie all’Europa Unita, sempre creata dai “padri” (qui un po’ padri un po’ nonni), non avremmo conosciuto la guerra tra i popoli europei.
Ieri si affermava che l’euro ci avrebbe tenuto indenne dalle turbolenze economiche internazionali e che se non fossimo entrati nell’euro saremmo finiti come l’Argentina.
Ed oggi pare che i “padri” avessero sbagliato, facendo danni maggiori persino di quelli che avrebbero arrecato se, volontariamente, avessero voluto realizzarli.
Oggi non si dice più che la mia è una generazione fortunata.
Oggi, coloro che appartengono alla mia generazione sanno di essere “gli sfortunati”, quelli che oggi sono, ancora, mantenuti dai “padri” e domani saranno mantenuti dai “figli”.
Oggi la mia generazione è quella degli “inutili”. Una fastidiosa via di mezzo che politica e potentati economici volentieri eliminerebbero fisicamente, se solo potessero.
Oggi noi non siamo il futuro ma non siamo neanche il passato.
Ed, oggi, viviamo in un Paese che viene costretto a consegnarsi alle banche, allo stesso modo in cui un’impresa ancora forte, solida, solvibile e ben lontana dal fallimento viene costretta – per qualche assurdo ed egoistico motivo – dal proprio consiglio di amministrazione a portare i libri in tribunale anziché continuare la propria attività.
Oggi stiamo diventando numeri su di un libro contabile.
Oggi possiamo farci cancellare strappando una pagina o utilizzando un gomma o una penna rossa.

Io, oggi, decido che non voglio essere una voce contabile, un piccolo problema che deve essere eliminato perchè non fa corrispondere i totali: quelli reali e quelli che le banche vogliono, invece, veder risultare.
E’ così evidente: ciò che sta  per accadere, nel concreto, assumerà caratteristiche lontane da qualsiasi forma di eguaglianza, sostanziale e formale, da qualsiasi criterio di proporzionalità, da ogni possibilità di giustizia.
L’oscuro Ordine tecnocratico, una sorta di tirannide – questa volta reale – in cui i cittadini obbediranno silenziosi, senza poter discutere.

Da oggi sarò pensieri e parole, contro chi mi vuol fare essere un semplice, inutile, fastidioso e silenzioso numero.

Post Navigation