Si è detto, a lungo, che la mia era una generazione fortunata.
Ieri si affermava che grazie al sacrificio dei “padri” (da intendere come nonni), vivevamo in una democrazia e che non avremmo conosciuto la guerra e la fame.
Ieri si affermava anche che grazie all’Europa Unita, sempre creata dai “padri” (qui un po’ padri un po’ nonni), non avremmo conosciuto la guerra tra i popoli europei.
Ieri si affermava che l’euro ci avrebbe tenuto indenne dalle turbolenze economiche internazionali e che se non fossimo entrati nell’euro saremmo finiti come l’Argentina.
Ed oggi pare che i “padri” avessero sbagliato, facendo danni maggiori persino di quelli che avrebbero arrecato se, volontariamente, avessero voluto realizzarli.
Oggi non si dice più che la mia è una generazione fortunata.
Oggi, coloro che appartengono alla mia generazione sanno di essere “gli sfortunati”, quelli che oggi sono, ancora, mantenuti dai “padri” e domani saranno mantenuti dai “figli”.
Oggi la mia generazione è quella degli “inutili”. Una fastidiosa via di mezzo che politica e potentati economici volentieri eliminerebbero fisicamente, se solo potessero.
Oggi noi non siamo il futuro ma non siamo neanche il passato.
Ed, oggi, viviamo in un Paese che viene costretto a consegnarsi alle banche, allo stesso modo in cui un’impresa ancora forte, solida, solvibile e ben lontana dal fallimento viene costretta – per qualche assurdo ed egoistico motivo – dal proprio consiglio di amministrazione a portare i libri in tribunale anziché continuare la propria attività.
Oggi stiamo diventando numeri su di un libro contabile.
Oggi possiamo farci cancellare strappando una pagina o utilizzando un gomma o una penna rossa.
Io, oggi, decido che non voglio essere una voce contabile, un piccolo problema che deve essere eliminato perchè non fa corrispondere i totali: quelli reali e quelli che le banche vogliono, invece, veder risultare.
E’ così evidente: ciò che sta per accadere, nel concreto, assumerà caratteristiche lontane da qualsiasi forma di eguaglianza, sostanziale e formale, da qualsiasi criterio di proporzionalità, da ogni possibilità di giustizia.
L’oscuro Ordine tecnocratico, una sorta di tirannide – questa volta reale – in cui i cittadini obbediranno silenziosi, senza poter discutere.
Da oggi sarò pensieri e parole, contro chi mi vuol fare essere un semplice, inutile, fastidioso e silenzioso numero.